La vita quotidiana raramente equivale a un paradiso. Ma di notte – di notte possiamo sognare. Tutti hanno bisogno di una via di fuga, di un luogo in cui rifugiarsi con la mente. Peter Pan incarna meglio di chiunque altro questa fantasia di evasione e libertà. Ma Peter è per metà umano, per metà uccello. Noi adulti, esseri reali, non possiamo librarci in volo e sorvolare una libertà che, una volta conquistata, è nostra per sempre. Non abbiamo tutto il tempo del mondo.
Il problema è che a volte dimentichiamo come i bambini vedano il mondo. Peter Pan, non avendo memoria, non può raccontare storie: lui è la storia. Questa coincidenza assoluta tra lui e il presente è ciò che lo rende affascinante, ma allo stesso tempo è il motivo per cui non può essere considerato un buon prototipo di artista. Peter è sempre alla ricerca frenetica di nuove avventure: le esperienze passate sono archiviate e dimenticate. Non ci sono pause, né tempo per riflettere su ciò che è stato vissuto. Per questo motivo, Peter può persino dimenticare la sua amata Wendy o il temibile Capitan Uncino senza che la sua identità ne risenta minimamente.
Peter Pan racchiude in sé alcuni aspetti condensati che la società britannica dei primi del Novecento poteva immaginare solo nel contesto di un mondo esotico e infantile. Peter Pan e l’Isola che non c’è sembrano incarnare il desiderio dell’artista di creare qualcosa di totalmente originale, qualcosa che non possa essere né mediato né riprodotto. È ciò che Walter Benjamin avrebbe poi definito come l’"aura", ovvero "l’apparizione unica di una lontananza". Non c’è nulla di più vicino e, allo stesso tempo, più lontano da ciascuno di noi del bambino che siamo stati.
Peter Pan, quindi, non è un paradigma dell’artista ancora in contatto con l’immaginazione infantile, come molti amano pensare. Piuttosto, è un’allegoria di un luogo dionisiaco, governato dall’ambiguità di un continuo rovesciamento di valori e dal desiderio di potere di un ego infantilmente invincibile, libero da qualsiasi pretesa di responsabilità. Ed è proprio questo il luogo che ogni artista, se vuole essere tale, deve prima visitare.
Per Peter Pan. La nécessité du rêve, abbiamo chiesto ai nostri artisti di lavorare con l’immagine in movimento: questo mezzo specifico, secondo Benjamin, è quello che più di ogni altro riesce a eliminare totalmente l’aura. Qui il confine tra autore e spettatore si sfuma, poiché la produzione e la manipolazione delle immagini nell’era della riproducibilità tecnica sono alla portata di tutti.
La distrazione indotta dal cinema, generata dal continuo flusso di immagini che lascia poco spazio alla contemplazione, è simile alla distrazione di Peter Pan, il cui orizzonte mentale è sempre occupato dall’avventura presente. Oggi, più che mai, la proliferazione delle immagini in movimento è strettamente legata alla riduzione della soglia di attenzione.
Le quattro installazioni video vogliono essere una distrazione dalla distrazione stessa. Abbiamo chiesto a ciascun artista di lavorare su un tema legato alla figura di Peter Pan, rappresentandolo in totale libertà.
STEPHANIE BLAKE
ha scelto di affrontare il tema della libertà, intesa come distacco dalla responsabilità personale e capacità di dimenticare.


DIDIER AND VALENTINE GUILLON
sono partiti dall’idea di ambivalenza e delle trasformazioni tra le opposizioni binarie della logica adulta.
SILVANO RUBINO
ha esplorato il tema dell’infinito, della temporalità circolare e dell’impulso del desiderio.


ISAO
ha lavorato sul tema dell’equilibrio creativo, in un campo definito dal caos anarchico e dalla rigidità della forma.