Indirizzo

Fondation Valmont,
Palazzo Bonvicini
Santa Croce, Calle Agnello, 2161/A
30135 Venezia VE, Italy

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ULYSSES. We are All Heroes

20.04.2024 > 23.02.2025

di Gayle Chong Kwan, Stephanie Blake, ISAO e Didier Guillon

La mostra dà vita allo spirito epico dell Odissea i Omero nel contesto del nostro mondo contemporaneo. Quattro artisti internazionali Gayle Chong KwanStephanie BlakeISAO e Didier Guillon— reinterpretano e infondono nuova linfa vitale al racconto classico.

Primo capitolo di una trilogia mitologica, ULISSE. We are all Heroes narra quattro degli eventi più cruciali dell’opera, in cui Ulisse affronta incontri straordinari. Se Ulisse è l’eroe di questa mostra, il prossimo anno Palazzo Bonvicini svilupperà un progetto curatoriale su Telemaco, seguito dal capitolo finale della serie Odisseadedicato a Penelope.

Chi è l’eroe a cui fa riferimento il titolo? Ulisse è il figlio di Laerte, re di Itaca. Durante i dieci anni del suo turbolento viaggio di ritorno a casa, affronta nuovi mondi e sfide eccezionali, che gli artisti hanno reinterpretato e presentato nelle quattro stanze del nostro palazzo rinascimentale.

Sebbene molto diversi tra loro, questi episodi della storia condividono un elemento fondamentale: l’astuzia di Ulisse, che gli permette di uscirne sempre vittorioso. Dalla sconfitta di Polifemo alla salvezza dei suoi compagni da Circe, dall’inganno delle Sirene fino alla riconquista della sua patria contro i Proci, ogni installazione invita il visitatore a un viaggio multisensoriale. Come Ulisse, il pubblico si immerge in un percorso esperienziale: talvolta navigando attraverso un “oceano di notte”, talvolta attraversando passaggi luminosi e vividi. Non vivendo il nòstos nòstos come l’eroe omerico, il visitatore di ULISSE. We are all Heroes intraprende una scoperta concettuale, tra meraviglia e contemplazione.

Benvenuti a bordo.

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GAYLE CHONG KWAN

CYCLOPE

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La Stanza 1 ospita l’installazione di Gayle Chong Kwan, ispirata all’incontro di Ulisse con Polifemo, il gigante antropofago, simbolo di una visione ristretta e limitata. L’artista sviluppa un’installazione articolata partendo dallo scontro tra due mondi opposti: consapevolezza intellettuale VS cecità fisica e mentale.

Cyclope esplora la visione e la politica dello sguardo attraverso i temi della sorveglianza, della storia dell’arte e della miopia dell’artista stessa. L’opera prende forma da una ricerca storica e archivistica, intrecciandosi con un approccio visivo espanso e incarnato. L’installazione include fotografia, scultura, mobile e pittura. Un grande trittico fotografico ritrae una testa gigante con mani smembrate – a metà tra ciclope, gorgone e medusa – realizzata con un collage di immagini storiche, contemporanee e generate dall’AI legate all’oftalmologia, alla sorveglianza e alla realtà virtuale. Un’enorme struttura mobile, realizzata con un treppiede di legno e rami metallici, sospende collages miniaturizzati di occhi di artiste donne della storia dell’arte, spesso dimenticate. Tre cornici di legno su piedistalli circondano il mobile, evocando tabelle oculistiche e strumenti di correzione della vista, mentre talismani e amuleti rimandano a diverse prospettive del “vedere”.

STEPHANIE BLAKE

CIRCE

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If Room 1 is filled with static, one-eyed gazes, a pair of women’s eyes is literally moving in the scenography of Room 2, conceived by Stephanie Blake. Here, a majestic Circe awaits the visitor, quiet yet solemn, with an attitude of readiness and self-defence. Lying all over the floor are ten doll-pigs, resting harmlessly.

Chi è la donna che domina la scena? Circe, figlia del dio del Sole Elio e di Perse, vive da sola sull’isola di Eea, condannata per l’eternità. Regina solitaria del suo dominio, per proteggersi trasforma gli uomini in porci, evitando così intrusioni indesiderate.

L’installazione di Didier Guillon collega l’antico racconto a temi contemporanei, in cui i Proci diventano minacce alla democrazia. La morte dei Proci è un manifesto del nostro tempo, un invito a riflettere sul nostro futuro.

La sua installazione esplora questa complessità, con Circe in posizione dominante sopra gli uomini-maiali, ancora sporchi di fango, silenziosi eppure timorosi. Circe è strega crudele e leale compagna al tempo stesso: il suo amore per sé stessa è la più potente forma di autodifesa.

ISAO

LE SIRENE

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Dopo l’anno trascorso sull’isola di Circe, Ulisse riparte, incontro a nuove insidie. Nella Stanza 3, ISAO ricrea l’episodio dell’incontro con le Sirene attraverso un’esperienza immersiva.

Il suono diventa arma di seduzione: il visitatore, attratto dal canto misterioso, si addentra nell’oscurità, ignaro del pericolo. Le Sirene, metà donna e metà uccello, incarnano la tentazione estrema e la distruzione: con il loro richiamo, promettono sapere proibito, ma portano alla rovina.

Omero non svela mai il contenuto del loro canto, lasciando il mistero intatto. Per questa ragione l’installazione si sviluppa in un cubo nero, ispirato alla scatola nera di un naufragio: un unico testimone in caso di tragedia. All’interno, il visitatore osserva una proiezione circolare sul pavimento, simile a un laghetto di carpe koi, pesci sacri giapponesi simbolo di prosperità. L’esperienza diventa interattiva: l’immagine si espande, inghiottendo progressivamente l’intero spazio.

DIDIER GUILLON

LA MORTE DEI PROCI

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L’ultima tappa del viaggio si svolge nella Stanza 4, dove Penelope, apparentemente indifesa, resiste alle pressioni psicologiche dei Proci.

Al suo ritorno a Itaca, Ulisse trova la sua patria in pericolo. I Proci, antitesi dell’eroe, rappresentano l’ultima grande sfida. Penelope, simbolo di fede e astuzia, attende il marito, rifiutando lo scontro diretto ma eludendo abilmente i suoi pretendenti.

L’installazione di Didier Guillon collega l’antico racconto a temi contemporanei, in cui i Proci diventano minacce alla democrazia. La morte dei Proci è un manifesto del nostro tempo, un invito a riflettere sul nostro futuro.

Il viaggio di ULISSE. We are all Heroes si conclude con un bombardamento visivo immersivo.

Come possiamo proteggere Penelope, incarnazione della Democrazia? La vediamo, fragile come cartone, eppure ancora indistruttibile. Speriamo per l’eternità.

Jakub Flejšar

Per la prima volta a Palazzo Bonvicini, le sale sono metaforicamente e fisicamente intrecciate per rappresentare il profondo legame familiare di Jakub Flejšar e Pavel Roučka da una prospettiva a 360 gradi. Flejšar sintetizza questo legame ponendo una scultura tra la sua sala e quella di Roučka : un uomo seduto, l’artista stesso, penetra visceralmente nello spazio. Questa disposizione permette al visitatore di scoprire, nella Sala 1, solo una parte dell’insieme. Al centro della sala, una grande figura umana è accovacciata e fissa l’uomo seduto, apparentemente oppresso da un’eredità troppo pesante da portare. Le sculture sono ritratti dell’artista in diverse fasi della sua vita : prima e dopo aver acquisito la capacità di mantenere la complicità con Roučka senza scivolare nella dipendenza. La complicità è un concetto chiave nell’Odissea, in quanto Telemaco svolge un ruolo fondamentale affiancando Ulisse nel rivendicare il potere a Itaca.
The sculptures are portraits of the artist at different stages of his life : before and after mastering the ability to maintain his complicity with Roučka without slipping into dependency. Complicity is a key concept in the Odyssey after all, as Telemachus plays a pivotal role in Ulysses’ attempt to reclaim power in Ithaca.

Pavel Roučka

Champ de Bataille si dispiega come un momento di confronto : l’uomo seduto di Flejšar, situato tra le due sale, volge deliberatamente le spalle ai quadri del patrigno, preparandosi a prendere una decisione coraggiosa. Pur comprendendo il lavoro della figura paterna, è finalmente pronto a plasmare il proprio percorso.
Al centro della Sala 2, due grandi dipinti di Roučka raffigurano le figure chiave di Itaca, Penelope, immobile e silenziosa sul davanti come una matriarca osservatrice ; Telemaco con Ulisse sono raffigurati insieme sul retro come un’unica entità – coincidenti, sublimati, quasi indistinguibili. Questa fusione solleva un interrogativo : il figlio può mai liberarsi veramente, o è destinato a portare per sempre l’eredità del padre ? Questa dualità è al centro di Champ de Bataille, un rivoluzionario campo di battaglia in piena trasformazione.
Accanto a questa visione centrale, una serie di scene si dispiega come un abbraccio protettivo. Telemaco appare in diverse fasi del suo viaggio : combatte, si mette in discussione e alla fine trionfa. Padre e figlio non saranno quindi mai rivali, ma figure intrecciate nella stessa lotta, che navigano sulla linea sottile tra discendenza e autodeterminazione.

Maxence Guillon

L’installazione di Maxence Guillon The Virtuous Circle esplora il suo percorso di uomo e di figlio seguendo le orme di suo padre, Didier Guillon. Questo percorso è inizialmente rappresentato da un tappeto rosso, che simboleggia il cammino di formazione dell’artista mentre è guidato e protetto dal padre. Quando il tappeto assume una tonalità bruna, la scena si sposta in un’arena contemporanea, dove un’installazione multimediale sostituisce la presenza fisica degli antichi spettatori romani. Davanti a questa arena imponente, una scultura in stile classico con le fattezze di Maxence mostra al pubblico le sue gestae come un gladiatore.
La presenza virtuale del padre giudica silenziosamente la performance del figlio, osservandolo in continua presenza/assenza dagli spalti dell’arena. Mentre Didier Guillon sostituisce gli spettatori fisici dell’antica Roma, visitatori in carne e ossa possono sedersi di fronte a Maxence su uno scranno speciale, mettendosi nei panni del padre. Il viaggio di Maxence, come quello di Telemaco, rispecchia l’esperienza umana universale di navigare in un’avventura resa possibile solo dalla consapevolezza dell’eredità paterna.

Didier Guillon

Per la Sala 4, Didier Guillon ha scelto di presentare due disegni anatomici del suo trisnonno, Alphonse Lami, stampati su imponenti totem monolitici che si ergono come echi monumentali del passato. Queste sculture ancorano le opere al presente, collegando diverse generazioni attraverso il tempo. Sopra questi totem, la parola sogno brilla in lettere luminose e incandescenti, tradotte in dieci lingue diverse. Questo termine universale trascende le barriere linguistiche e culturali, ponendo aspirazione e coraggio alla base dell’esperienza umana.
L’installazione En dessous des rêves ci invita a riflettere
sul ruolo essenziale dei sogni nel plasmare il nostro futuro. Senza sogni, diventa impossibile attingere dal passato il
patrimonio necessario per navigare nel presente e, soprattutto, per guardare verso l’orizzonte sconosciuto.
Come ultima sala della mostra, questo spazio chiude
il circolo virtuoso, invitando lo spettatore a riflettere su come il patrimonio plasmi non solo il passato ma anche il futuro. Proprio come il viaggio di Telemaco che giunge alla sua conclusione, questa sala funge da culmine, unendo i temi del- l’eredità, della trasformazione e della scoperta di sé, lasciando allo spettatore un senso di determinazione e di potenziale.

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